Gli enti promotori dei primi corridoi umanitari dal Libano si dicono disponibili: Federazione delle chiese evangeliche in Italia, Tavola valdese, Comunità di Sant’Egidio parlano di un’ipotesi interessante. Intanto in Libia venga fatto tutto il possibile per “garantire ai migranti in transito i diritti fondamentali, compreso quello del soccorso in mare che di recente, invece, ha registrato inquietanti falle, con la morte di decine di persone”
Roma, 1° dicembre 2017 (NEV/CS62) – L’esperienza dei “corridoi umanitari” può essere rafforzata e trasformata da best practice in politica ordinaria di tutela del diritto alla protezione internazionale? Può questa essere adottata in Europa con numeri ben più consistenti di quelli raggiunti con l’esperimento realizzato in Italia? E possono essere istituiti dalla Libia?
In una lettera inviata oggi al presidente del Consiglio Paolo Gentiloni se lo sono chiesti i rappresentanti dei tre enti promotori dei primi corridoi umanitari, recentemente rinnovati con un nuovo protocollo d’intesa: Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio; Luca Maria Negro, presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI); e Eugenio Bernardini, moderatore della Tavola valdese.
Di fronte alla constatazione che analoghi progetti sono stati lanciati in Francia e in Belgio, e che ieri è stato attivato il corridoio umanitario dall’Etiopia gestito dalla CEI insieme alla Comunità di Sant’Egidio, i firmatari della lettera rilevano: “Si tratta di un risultato che va attribuito, oltre che a una felice intuizione, alla fattiva collaborazione stabilita tra istituzioni, società civile e chiese nel quadro di una strategia centrata, al tempo stesso, sulla legalità e la solidarietà”.
Proseguono i firmatari: “Cogliamo l’appello che Lei rivolge alle ONG perché considerino la possibilità di ‘potenziali corridoi umanitari’ dalla Libia. Forti dell’esperienza realizzata, ci pare un’ipotesi interessante che però va considerata con la massima attenzione e prudenza: le notizie che arrivano dalla Libia non sono rassicuranti e sempre più spesso abbiamo evidenza di abnormi violazioni di diritti umani. Qualsiasi azione umanitaria ha come presupposto irrinunciabile un intervento politico che ricostruisca una soglia minima di sostenibilità sul piano del rispetto della vita umana, dei diritti e della dignità dei migranti e dei richiedenti asilo. Consapevoli che soltanto le agenzie dell’ONU potranno stabilire se e quando ci saranno queste condizioni, Le chiediamo di vigilare sulla necessità di garantire ai migranti in transito i diritti fondamentali, compreso quello del soccorso in mare che di recente, invece, ha registrato inquietanti falle, con la morte di decine di persone”.
A questo riguardo Impagliazzo, Negro e Bernardini esprimono la volontà di “avviare un dialogo con il Governo per mettere allo studio un piano sostenibile e realistico di protezione umanitaria che preveda, tra gli altri strumenti, anche i corridoi umanitari e consideri il coinvolgimento di quanti sin qui hanno contribuito a realizzarli”.
Concludendo, i tre firmatari della missiva a Gentiloni rimarcano che nell’immediato bisogna “con urgenza ‘liberare’ profughi e richiedenti asilo dalla ‘gabbia libica’ in cui sono finiti, favorendo la loro ricollocazione in paesi vicini, dai quali potrebbero essere attivati dei corridoi umanitari analoghi a quelli realizzati sin qui”.